Dobbiamo osservare i mali dell’afflizione mentale per capire quali sono i loro sintomi e perché si manifestano con tanta rapidità. Non sopportano nessun disturbo. Basta un’interferenza per farli divampare. In questi casi, cosa possiamo fare per prepararci in anticipo? Come possiamo fare scorta di consapevolezza prima che avvenga il contatto sensoriale?
Il modo ottimale per fare scorta è praticare la meditazione, per esempio porre mente al respiro. Questo ci permette di preparare la nostra consapevolezza in modo da poter anticipare l’afflizione, cioè in modo da evitare che si manifesti, mantenendo il tema della meditazione come riparo interiore per la mente.
Il riparo esteriore della mente è il corpo, che è composto da elementi fisici, ma il suo riparo interiore è il tema della meditazione a cui ricorriamo per esercitare la consapevolezza della mente, affinché sia concentrata e cosciente. Qualunque sia il tema che adottiamo, quello è il riparo interiore per la mente: le impedisce di vagare, di architettare pensieri e fantasie. Ecco perché abbiamo bisogno di un tema di meditazione. Per non lasciare che la mente insegua le sue preoccupazioni, come fanno le persone comuni che non meditano. Una volta che abbiamo un tema di meditazione che ci permetta di acchiappare questa scimmia mentale, in modo che diventi sempre meno ostinata, la mente si andrà calmando gradualmente, giorno dopo giorno, fino a quando sarà in grado di rimanere ferma per periodi lunghi o brevi, a seconda di quanto ci esercitiamo praticando l’osservazione di sé.
Ora, quanto al modo in cui praticare la meditazione sul respiro: le scritture dicono di fare una lunga inspirazione e una lunga espirazione – respiri profondi o leggeri – e poi un’inspirazione breve e un’espirazione breve – ancora una volta profonde o leggere. Questi sono i primi passi dell’esercizio. Dopodiché, non dobbiamo più concentrarci sulla lunghezza dell’inspirazione o dell’espirazione. Piuttosto, dobbiamo semplicemente raccogliere la nostra consapevolezza in un qualsiasi punto del respiro e continuare così fino a quando la mente si stabilizza e rimane ferma. Quando la mente è ferma, si concentra sulla quiete mentale nel momento stesso in cui è consapevole del respiro.
A questo punto non ci si concentra direttamente sul respiro. Ci si concentra sulla quiete stessa della mente che è ferma e nella sua condizione di normalità. Ci si concentra senza interruzioni sullo stato normale della mente nello stesso momento in cui è consapevole dell’inspirazione e dell’espirazione, senza concentrarsi specificamente sul respiro. Si rimane semplicemente con la mente, osservandola con ogni inspirazione ed espirazione. Di solito, quando si svolge un’attività fisica e la mente è nella normalità, si è in grado di sapere cosa si sta facendo, quindi perché non essere consapevoli del respiro? Dopo tutto, fa parte del corpo.
Alcuni di voi sono alle prime armi e per questo non sanno come sia possibile concentrarsi sulla normalità della mente ad ogni inspirazione ed espirazione senza concentrarsi direttamente sul respiro stesso. Quel che stiamo facendo qui è praticare come essere consapevoli del corpo e della mente, puramente e semplicemente, in sé e per sé…
Iniziate concentrandovi sul respiro per circa 5, 10 o 20 minuti. Fate inspirazioni lunghe ed espirazioni lunghe, oppure inspirazioni brevi ed espirazioni brevi. Allo stesso tempo, prestate attenzione alle fasi che attraversa la mente nel modo in cui percepisce se stessa, il modo in cui comincia a stabilizzarsi quando la consapevolezza vigila sul respiro. Dovete fare attenzione a questo aspetto, perché di solito respirate per abitudine, con l’attenzione rivolta da qualche altra parte. Non ci concentriamo sul respiro, non ne siamo realmente consapevoli. Questo può far pensare che rimanere concentrati sia difficile, ma in realtà è abbastanza facile. Dopo tutto, l’inspirazione e l’espirazione avvengono da sé, per la natura stessa del respiro. Non c’è nulla di difficile nel respirare. Non è come altri temi di meditazione. Per esempio, se si pratica il raccoglimento del Buddha, o buddho, bisogna continuare a ripetere buddho, buddho, buddho.
In realtà, se volete, potete anche ripetere mentalmente buddho a ogni inspirazione ed espirazione, ma solo nelle fasi iniziali. Si ripete buddho per impedire alla mente di concepire pensieri su altre cose. Semplicemente mantenendo questa ripetizione si può indebolire la tendenza della mente ad allontanarsi, perché la mente può occuparsi di un solo oggetto alla volta. Questo è un aspetto da osservare. La ripetizione serve a evitare che la mente concepisca dei pensieri e che si metta a inseguirli.
Dopo queste ripetizioni – non è necessario contarle – la mente si stabilizzerà fino a essere consapevole del respiro ad ogni inspirazione ed espirazione. Inizierà a stare ferma, in una condizione neutrale, normale.
Questo è il momento in cui ci si concentra sulla mente invece che sul respiro. Lasciate andare il respiro e concentratevi sulla mente, ma continuate a essere consapevoli del respiro. Non è necessario fare attenzione a quanto sia lungo o corto il respiro. Prendete nota della mente che rimane nella sua normalità a ogni inspirazione ed espirazione. Ricordatelo con cura per poterlo mettere in pratica.
La postura: Per concentrarsi sul respiro, la posizione seduta è migliore rispetto a stare in piedi, camminare o rimanere sdraiati, perché le sensazioni che provengono dalle altre posizioni spesso superano le sensazioni del respiro. Camminare fa sobbalzare troppo il corpo, stare in piedi a lungo può essere stancante e, se la mente si calma quando si è sdraiati, c’è la tendenza ad addormentarsi. Nella posizione seduta è possibile mantenere la postura e la mente ferma per un lungo periodo di tempo. Si possono osservare le sottigliezze del respiro e della mente in modo naturale e automatico.
Vorrei riassumere qui i passi della meditazione sul respiro per mostrare come sia possibile praticare contemporaneamente tutte e quattro le tetradi menzionate nei testi. In altre parole, è possibile concentrarsi sul corpo, sulle sensazioni, sulla mente e sul Dhamma in un’unica seduta? Questa è una domanda importante per tutti noi. Volendo, sarebbe possibile seguire con precisione tutti i passi dei testi per sviluppare un forte potere di assorbimento mentale (jhāna), ma questo richiede molto tempo. Non è una pratica adatta a chi di noi è anziano o ha poco tempo a disposizione.
Ciò di cui abbiamo bisogno è un modo per concentrare la consapevolezza sul respiro abbastanza a lungo da rendere la mente salda, per poi passare direttamente a esaminare come tutte le formazioni sono impermanenti, sono sofferenza e sono prive di un sé, in modo da poter vedere la verità di tutte le formazioni insieme a ogni inspirazione e a ogni espirazione. Se riuscite a farlo con continuità, senza interruzioni, la vostra consapevolezza diventerà abbastanza salda e tenace da far nascere il discernimento che vi permetterà di raggiungere la conoscenza e la chiara visione.
Ecco dunque una guida ai passi da seguire per praticare una forma condensata di meditazione sul respiro… Provateli finché non scoprirete che fanno nascere dentro di voi una conoscenza di prima mano. Non c’è dubbio che ne nascerà una conoscenza del tutto personale.
La prima cosa da fare quando si medita sul respiro è sedersi dritti e mantenere ferma la consapevolezza. Inspirate. Espirate. Fate in modo che il respiro sia aperto e tranquillo. Non mettete in tensione le mani, i piedi o qualsiasi altra articolazione. Dovete mantenere il corpo in una postura adeguata alla respirazione. All’inizio, inspirate a lungo ed espirate a lungo, in modo abbastanza profondo, e gradualmente il respiro si andrà accorciando, e sarà a volte profondo e a volte leggero. Poi fate inspirazioni ed espirazioni brevi per circa 10 o 15 minuti e poi cambiate ancora.
Dopo un po’, se rimanete concentrati sul respiro, questo andrà cambiando gradualmente. Osservatelo per tutto il tempo che volete, poi rivolgete la vostra consapevolezza al respiro nel suo insieme, a tutte le sottili sensazioni che lo accompagnano. Questo è il terzo passo, il terzo passo della prima tetrade: sabba-kāya-paṭisaṁvedi, concentrarsi su come il respiro influisce sull’intero corpo osservando tutte le sensazioni del respiro in tutte le varie parti del corpo, in particolare le sensazioni legate all’inspirazione e all’espirazione.
Dopo di che ci si concentra sulla sensazione del respiro in un punto qualsiasi. Se lo si fa correttamente per un periodo abbastanza lungo, il corpo – il respiro – si andrà calmando gradualmente. La mente si va calmando. In altre parole, il respiro si ferma insieme alla consapevolezza del respiro. Quando le sottigliezze del respiro si fermano nello stesso momento in cui la consapevolezza priva di distrazioni si stabilizza, il respiro si ferma ancora di più. Tutte le sensazioni del corpo diventano gradualmente sempre più immobili. Questo è il quarto passo, l’immobilità della fabbricazione corporea.
Non appena questo avviene, si comincia a essere consapevoli delle sensazioni che sorgono con l’immobilità del corpo e della mente. Che si tratti di sensazioni di piacere, di estasi o di qualsiasi altra cosa, queste appaiono abbastanza chiaramente da permettervi di contemplarle.
Gli stadi attraverso cui siete già passati – osservare l’inspirazione e l’espirazione, lunghe o brevi che siano – dovrebbero essere sufficienti a farvi capire – anche se non vi siete concentrati sull’idea – che il respiro è incostante. Cambia di continuo, da inspirazione lunga ed espirazione lunga a inspirazione breve ed espirazione breve, da profondo a leggero, e così via. Questo dovrebbe permettervi di leggere il respiro, di capire che in esso non c’è nulla di costante. Cambia da solo, da un momento all’altro.
Una volta realizzata l’incostanza del corpo – in altre parole, del respiro – sarete in grado di vedere le sottili sensazioni di piacere e dolore nel regno delle sensazioni. Ora osservate le sensazioni, proprio nello stesso punto in cui vi siete concentrati sul respiro. Anche se sono sensazioni che nascono dalla quiete del corpo o della mente, sono comunque incostanti anche in quella quiete. Possono cambiare. Quindi, queste sensazioni mutevoli nel regno del sentire, mostrano incostanza in sé, proprio come il respiro.
Quando si vedono i cambiamenti nel corpo, nelle sensazioni e nella mente, questo si chiama vedere il Dhamma, cioè vedere l’incostanza. Bisogna comprenderlo correttamente. La pratica della prima tetrade della meditazione sul respiro contiene tutte e quattro le tetradi della meditazione sul respiro. In altre parole, si vede l’incostanza del corpo e poi si contempla il sentire. Si vede l’incostanza del sentire e poi si contempla la mente. Anche la mente è incostante. Questa incostanza della mente è il Dhamma. Vedere il Dhamma significa vedere questa incostanza.
Quando vedete la vera natura di tutte le cose incostanti, allora tenete conto di questa incostanza in ogni momento, con ogni inspirazione ed espirazione. Continuate a farlo durante tutte le vostre attività per vedere cosa succede dopo.
Quello che succede dopo è il distacco. Lasciare andare. È qualcosa che va conosciuto di prima mano.
Questa è la meditazione condensata sul respiro. La chiamo condensata perché contiene tutti i passaggi in una volta sola. Non è necessario fare un passo alla volta. Basta concentrarsi su un punto, il corpo, per vedere l’incostanza del corpo. Quando vedrete l’incostanza del corpo, dovrete vedere il sentire. Il sentire dovrà mostrare la sua incostanza. Anche la sensibilità della mente al sentire, ovvero i pensieri e le fantasie, sono incostanti. Tutte queste cose continuano a cambiare. È così che si conosce l’incostanza….
Se vi riesce di diventare abili nel guardare e conoscere in questo modo, sarete colpiti dall’incostanza, dalla tensione e dalla mancanza di sé del vostro «sé», e incontrerete il vero Dhamma. Il Dhamma che cambia di continuo come un fuoco ardente – che brucia con incostanza, tensione e senza un sé – è il Dhamma dell’impermanenza di tutte le formazioni. Ma più in fondo, nella mente o nell’ambito della coscienza, c’è qualcosa di speciale, al di là della portata di ogni tipo di fuoco. Lì non c’è sofferenza o stress di alcun tipo. È una cosa che sta «dentro»: Si direbbe che si trovi all’interno della mente, ma in realtà non è nella mente. Il fatto è semplicemente che il contatto è lì, nella mente. Non c’è proprio modo di descriverlo. Solo l’estinzione di tutte le afflizioni vi permetterà di conoscerlo di prima mano.
Questo «qualcosa di speciale» all’interno esiste per sua stessa natura, ma è interamente circondato dalle afflizioni. Tutte queste contraffazioni – le afflizioni mentali – costituiscono un intralcio costante e si impossessano di tutto, di modo che questa natura speciale rimane sempre imprigionata all’interno. In realtà, non c’è nulla nella dimensione del tempo che regga il paragone. Non c’è nulla con cui si possa etichettare, ma è qualcosa che si può attraversare per vedere, attraversando le afflizioni, la bramosia e l’attaccamento per accedere a uno stato in cui la mente che è pura, luminosa e silenziosa. Questa è l’unica cosa importante.
Ma non c’è un solo livello. Ci sono molti livelli, dalla corteccia esterna alla corteccia interna e fino all’alburno prima di raggiungere il midollo. Il Dhamma autentico è come il midollo, ma nella mente ci sono molte cose che non sono il midollo: Le radici, i rami e le foglie dell’albero sono più che numerosi, ma c’è solo un po’ di midollo. Le parti che non sono midollo si decompongono e si disfano a poco a poco, ma il midollo non si decompone. Ecco un paragone possibile. È come un albero che muore rimanendo in piedi. Le foglie cadono, i rami marciscono, la corteccia e l’alburno marciscono, e non rimane altro che il vero midollo. Ecco un paragone possibile con questa cosa che chiamiamo «senza morte», questa caratteristica di non avere né nascita, né morte, né mutamento. Possiamo anche chiamarla nibbāna o Incondizionato. È la stessa cosa.
Ora, dunque. Non è forse una cosa che vale la pena di provare a vedere?…