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Foreigners everywhere

Dal 27 al 28 maggio 2023, in occasione delle celebrazioni del Vesak, verrà esposta presso l’Ecomuseo Mare Memoria Viva di Palermo l’opera del collettivo artistico Claire Fontaine, Foreigners Eveywhere. La pratica neo-concettuale del duo, composto da Fulvia Carnevale e James Thornhill, rifiuta in modo costitutivo il culto individualistico dell’artista, a favore di una dimensione cooperativa, che scardina la nozione di autore, attingendo a iconografie collettive, reinterpretando così la realtà in modo conscio e trasformativo. 

La serie di neon sospesi, con “stranieri ovunque” scritto in varie lingue, deriva il titolo da un collettivo anarchico di Torino, attivo nella lotta al razzismo. L’ambivalenza della sua dichiarazione reagisce diversamente con i contesti nei quali l’opera è collocata – spazi pubblici e privati – innescando riflessioni sul suo significato e ridestando paure latenti, con il risultato di provocare esperienze di risveglio della coscienza. 

Di seguito un testo di Claire Fontaine, scritto per l’occasione, intorno all’istallazione in mostra a cura dell’Agenda Cultura UBI. 

 

 

Stranierə ovunque

 

“Da dove veniva questa gioia che provavamo tutti ad andar via di casa? […] 

Tutto ci sembrava così bello, così lussuoso, altrove rispetto a casa. Anche il brodo delle mense delle stazioni che papà dichiarava “infame”, ci sembrava avere un sapore molto migliore di quello della tavola di famiglia.”

Valery Larbaud, Adolescenti, 1986

 

Straniero è l’altro nome dello sconosciuto. Perché il luogo da cui proviene ci è ignoto o non ci è familiare. Chi arriva da altrove ci mette in contatto con la nostra ignoranza e ci restituisce un’immagine di noi stessi che non avevamo mai visto prima – l’immagine di noi come stranieri

L’ignoto può apparire minaccioso perché allargare i propri orizzonti equivale a perdere le proprie certezze che concepiamo come dei possedimenti materiali, che crediamo di poter accumulare stabilizzandoci così in un punto. 

Di chi è originario di un posto si dice per brevità che è “di” una città. Il legame con un luogo è vissuto come un’appartenenza, la “nostra” terra è legata alla proprietà privata immaginaria che è l’identità, nella sua variante specifica, quella nazionale. 

Ernesto De Martino scrive ne La fine del mondo: “Ricordo un tramonto percorrendo una strada della Calabria. Non eravamo sicuri del nostro itinerario e fu per noi di grande sollievo incontrare un vecchio pastore. Fermammo l’auto e gli chiedemmo le notizie che desideravamo, e poiché le sue indicazioni erano tutt’altro che chiare gli offrimmo di salire in auto per accompagnarci sino al bivio giusto, a pochi chilometri di distanza: poi lo avremmo riportato al punto in cui lo avevamo incontrato. Salì in auto con qualche diffidenza, come se temesse una insidia, e la sua diffidenza andò via via tramutando in angoscia perché ora, dal finestrino cui sempre guardava, aveva perduto la vista del campanile di Marcellinara, punto di riferimento del suo estremamente circoscritto spazio domestico. Per quel campanile scomparso, il povero vecchio si sentiva completamente spaesato: e solo a fatica potemmo condurlo sino al bivio giusto e ottenere quel che ci occorreva sapere. Lo riportammo poi indietro in fretta secondo l’accordo: e sempre stava con la testa fuori dal finestrino, scrutando l’orizzonte, per veder riapparire il campanile di Marcellinara: finché quando finalmente lo vide, il suo volto si distese e il suo vecchio cuore si andò pacificando, come per la riconquista di una “patria perduta”. Giunti al punto dell’incontro, si precipitò fuori dall’auto senza neppure attendere che fosse completamente ferma, e scomparendo selvaggiamente senza salutarci, ormai fuori dalla tragica avventura che lo aveva strappato allo spazio esistenziale del campanile di Marcellinara.”

Nella Teoria del romanzo del 1914 Lukács parla di transzendentale Obdachlosigkeit, che si può tradurre come “spaesamento” trascendentale o homelessness trascendentale, l’altra faccia della moneta del cosmopolitismo borghese ignaro della sua radice coloniale. C’è chi una patria simbolica non l’ha mai avuta ed è cresciuto straniero a casa, senza campanile di Marcellinara, solo nella propria famiglia. Scrive Walter Benjamin in un saggio su Brecht che chi lotta per la causa degli oppressi è un immigrato nel proprio paese. Si è stranieri per la propria classe sociale, per le proprie idee di giustizia politica, per le cose che si dicono e per come le si dice. Si è stranieri per genere o al proprio genere se ci si mette in viaggio, in transizione verso un genere diverso, ma ci si confonde con il viaggio rendendo evidente come essere uomo o donna sia un continuo passaggio, un divenire senza fine che si scontra contro i limiti invisibili della società patriarcale. Cattive notizie che in pochi vogliamo ascoltare e che saranno le sole a liberarci anche e soprattutto della paura della libertà.

Nel 1938 Virginia Woolf scriveva in Tre ghinee : “Non possiamo non pensare che le società sono congiure che soffocano il fratello privato che molte di noi hanno motivo di rispettare, e generano al suo posto un maschio mostruoso, dalla voce prepotente, dal pugno duro, puerilmente intento a tracciare cerchi di gesso sulla superficie della terra entro i quali vengono ammassati gli esseri umani, rigidamente, separatamente, artificialmente; dove dipinto di rosso e di oro, adorno come un selvaggio di piume, nostro fratello consuma mistici riti e assapora il dubbio piacere del potere e del dominio, mentre noi, le «sue» donne, siamo chiuse a chiave tra le pareti domestiche, senza spazio alcuno nelle molte società di cui la società si compone”.

Lo straniero si nasconde nell’amico o nell’amica che abita un altro piano della società che ci è precluso. O in noi stessi quando cerchiamo il nostro terzo mondo interiore, la lingua straniera nella lingua che Deleuze e Guattari raccontano nel libro su Kafka e la letteratura minore.

“Quante persone vivono oggi in una lingua che non è la loro? – ci chiedono. “O non lo è più o non lo è ancora, o non conoscono nemmeno la loro, o conoscono male la lingua maggioritaria che devono usare? Questo è il problema dei migranti, e soprattutto dei loro figli, il problema della minoranza, di una letteratura minore, ma anche un problema per noi tutti: come estrarre una letteratura minore dalla propria lingua, permettendole di sfidare la lingua e di seguire un sobrio cammino rivoluzionario? Come diventare un nomade e un migrante e uno zingaro rispetto alla propria lingua? Kafka risponde: ruba il bambino dalla culla, cammina sulla corda tesa”. Perché “anche chi ha la disgrazia di nascere in un paese dalla gran letteratura deve scrivere nella sua lingua, come un ebreo ceco scrive in tedesco o un uzbeco scrive in russo. Scrivere come un cane scava un buco, un ratto scava la sua tana. E per farlo trovare il proprio punto di sottosviluppo, il proprio dialetto, il proprio terzo mondo, il proprio deserto”. Perché nella lingua che abbiamo ereditato tante cose non si possono scrivere e dire, e diventare stranieri in questo modo è il solo modo di dare voce agli oppressi, di trovare una patria trascendentale in cui non esistano enclosures e razzismo.

Queste parole aliene alla proprietà e all’appartenenza etnica sono più necessarie che mai: il DRC, Global Displacement Forecast 2023 Report dichiara che il numero complessivo di persone obbligate a lasciare il proprio paese aumenterà di 1,9 milioni durante il 2023 e di altri 3,5 milioni nel 2024. Nel 2024 il numero di sfollati, profughi e rifugiati sarà più che raddoppiato rispetto al 2015 e aumentato di più di 50 milioni.
L’UNHCR, l’alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, afferma più chiaramente che nel 2023, 117,2 milioni di persone saranno profughe o apolidi. Straniere ovunque.

 

 

Claire Fontaine è un’artista collettiva fondata da James Thornhill e Fulvia Carnevale nel 2004 a Parigi. Dal 2017 vive e lavora a Palermo. Il suo nome è uno pseudonimo che suona come il nome proprio di una donna francese. I due artisti l’hanno scelto ispirandosi all’urinale di Duchamp (Fontaine) e a una nota marca di cancelleria francese (Clairefontaine) volendo deliberatamente creare l’equivoco, affinché le loro biografie non fossero direttamente associate alle opere, in modo da poter trasformare il lavoro in uno spazio di libertà. L’uso della citazione e del pirataggio è legato alla stessa intenzione: la pratica di Claire Fontaine non si focalizza sul genio individuale e l’eccellenza dei singoli ma ricerca l’attivazione delle forze e delle forme presenti nella storia dell’arte e sottolinea il loro contenuto politico. Per l’artista esiste un valore d’uso delle immagini che è il loro potere di mettere in movimento i nostri corpi e i nostri pensieri, di illuminare il sensibile. Claire Fontaine usa vari medium e rifiuta l’obbligo della riconoscibilità formale nel suo lavoro, che invece considera come una ricerca sperimentale in progress, un’esplorazione continua. Utilizza il video, la scultura, i testi luminosi spesso in neon, la pittura e la scrittura sia letteraria che saggistica. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo l’antologia Lo sciopero umano e l’arte di creare la libertà, Derive Approdi, 2017, tradotta in Francese per Diaphanes, 2019 e in inglese per Semiotext(e) i libri d’artista: con Some instructions for the sharing of private property, One Star Press, 2011 e Vivre, vaincre, Dilecta, 2009.

Due monografie sono state pubblicate sull’artista da Koenig Books, Newsfloor, 2020, con testi di Anita Chari e Jaleh Mansoor e Foreigners Everywhere, 2011, con testi di L. Ragaglia, Bernard Blistène, Nicolas Liucci-Goutnikov, John Kelsey, Hal Foster. 

È stata finalista del premio Ricard nel 2005, del premio Marcel Ducahmp nel 2012, del Premio Termoli nel 2021 e vincitrice del premio Fondazione Casoli nel 2023.

Una selezione di mostre personali include: Star Reply Forward Info Delete, Memphis, Linz, 2022; Siamo con voi nella notte, Museo del 900, Firenze, 2020; Your Money and Your Life, Galerias Municipais, Lisbona, 2019; La Borsa e la vita, Palazzo Ducale, Genova, 2019; Les printemps seront silencieux, Le Confort Moderne, Poitiers, 2019; #displaced, Städtische Galerie Norhdorn, Nordhorn, 2019 ; Fortezzuola, Museo Pietro Canonica, Villa Medici, Roma, 2016; Tears, Jewish Museum, New York 2013; 1493, Espacio 1414, San Juan, Puerto Rico 2013; Sell Your Debt, Queen’s Nails, San Francisco 2013; Redemptions, CCA Wattis, San Francisco, 2013; Carelessness causes fire, Audian Gallery, Vancouver 2012; Breakfast starts at midnight, Index, The Swedish Contemporary Art Foundation Stockholm 2012; M-A-C-C-H-I-N-A-Z-IO-N-I, Museion, Bolzano, 2012; P.I.G.S., MUSAC, Castilla y León2011; Economies, Museum of Contemporary Art, North Miami 2010.

 

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