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Thich Nhat Hanh in meditazione camminata | Foto di Börie Tobiasson, per gentile concessione

Dopo Thay

Una fila di monaci fa il suo ingresso in sala per il pranzo formale. Indossano le lunghe vesti marroni della tradizione di Plum Village. Sfilano in ordine di anzianità, in testa chi è stato ordinato da più tempo, poi via via tutti gli altri. Gli uomini siedono da un lato della sala e le donne dall’altro, su tappetini e cuscini viola, poi si sistemano la veste a coprire le gambe incrociate. Con la schiena dritta, le mani in grembo, gli occhi rivolti verso il basso o chiusi, aspettano che i confratelli, le consorelle e i visitatori laici – circa 200 persone in tutto – occupino le file alle loro spalle.

Un posto in prima fila rimane vuoto, coperto da una semplice trapunta marrone. Davanti c’è un’orchidea con venti delicati fiori gialli e una semplice targa di legno con su scritta la parola «Thay». «Thay» in vietnamita significa «maestro»: la targa indica il posto riservato a Thich Nhat Hanh, il fondatore della comunità. Nel gennaio del 2020, quando ho visitato Plum Village, Thich Nhat Hanh era già tornato in Vietnam per trascorrere i suoi ultimi giorni nel suo tempio radice. È mancato nel gennaio del 2022.

Thich Nhat Hanh ha scritto più di cento libri. I suoi insegnamenti sulla consapevolezza, sul buddhismo impegnato e sull’interessere (il termine che ha coniato per indicare l’interconnessione di tutte le cose) hanno lasciato il segno sia in seno al buddhismo stesso che fuori. La sua eredità si può cogliere anche nello svolgimento di questo pranzo formale, che riunisce un gruppo dei suoi seguaci monastici e laici intenti nella pratica dei suoi insegnamenti.

Thich Nhat Hanh non ha nominato un successore. «Se il Buddha rinascerà nel XXI secolo», ha scritto, «si manifesterà nella forma di “una comunità amorevole”», alludendo con questa espressione all’idea di una comunità dedita alla pratica dell’uguaglianza, della giustizia e della riconciliazione nonviolenta promossa da Martin Luther King.

Ma l’attaccamento all’ego può essere un ostacolo anche per i seguaci animati dalle migliori intenzioni. Già all’indomani della morte del Buddha le lotte di potere e i dissidi portarono allo sviluppo di varie scuole, che spesso si rifacevano a idee diverse riguardo alla trasmissione dell’autorità. Nel corso della storia e fino ai tempi moderni, dopo la scomparsa dei suoi leader carismatici, il buddhismo – non diversamente dal Cristianesimo, dall’Islam e da altre religioni – ha conosciuto una serie di scissioni.

Secondo l’influente tesi di Max Weber, da un punto di vista sociologico i leader religiosi fondano la loro autorità sul loro carisma o ne rivendicano l’«origine divina». Secondo Rhys Williams, sociologo della Loyola University di Chicago che si interessa alle organizzazioni religiose, tuttavia, non c’è accordo tra gli studiosi sulla pertinenza delle teorie di Weber nell’ambito delle culture orientali e non teistiche. Se dunque vogliamo riferirci a una definizione più laica di carisma, possiamo dire senz’altro che l’autorità di cui godeva Thich Nhat Hanh era fondata su qualità e abilità fuori dal comune.

Il carisma è ciò che, nel bene e nel male, permette ai leader di superare i limiti e di realizzare un cambiamento nella società, e questo, osserva Williams, rende la loro dipartita un momento particolarmente critico. Nelle comunità che sopravvivono alla perdita di un leader carismatico, secondo Weber, l’autorità tende a passare a chi può vantare il legame più stretto con il leader precedente o a chi ha i requisiti previsti da un insieme di regole prestabilite, per esempio a chi vince le elezioni. In questo modo, il carisma assume una dimensione istituzionale, acquistando così la possibilità di protrarsi oltre la durata della vita di una singola persona.

La morte di Thich Nhat Hanh offre l’opportunità di osservare lo sviluppo di queste dinamiche in una comunità buddhista contemporanea. Da quando è stato colpito da un ictus, nel 2014, i suoi seguaci hanno cercato di dare continuità alle straordinarie qualità che gli conferivano la sua autorità carismatica. In ambito monastico, in particolare, questo comporta un intreccio di problematiche: si tratta infatti di mantenere in vita una tradizione giovane rimanendo fedeli al suo spirito e al contempo spingendosi oltre i suoi limiti, il tutto mentre non c’è nessuno in particolare che assume una posizione di autorità.

 

 

Plum Village, Cerimonia per il cinquantesimo anniversario della fondazione dell’Ordine dell’Interessere | Foto: ALC

 

Consolidare una tradizione

 

Fred Eppsteiner, fondatore della Florida Community of Mindfulness e insegnante di Dharma, ha conosciuto Thay negli anni Settanta. «A quei tempi», racconta Eppsteiner, «non c’era nessuna tradizione di Thich Nhat Hanh e non c’era nessuna tradizione di Plum Village. C’era solo lui con la sua libertà e la sua creatività, con la sua voglia di sperimentare, con il suo modo di affrontare le questioni aperte della società, e c’erano le persone che si rivolgevano a lui per la grande sua conoscenza della filosofia buddhista, della psicologia e per le pratiche meditative che offriva».

Nel corso del tempo, gli insegnamenti di Thich Nhat Hanh, le sue poesie, i suoi canti e le sue pratiche – come i pranzi formali, la meditazione camminata e le pratiche del «Toccare la Terra» e del «Ricominciare daccapo» – sono venuti a costituire una tradizione. Una tradizione radicata nel monachesimo vietnamita e nel movimento di riforma che ha cercato di modernizzare il buddhismo vietnamita.

«Quando pensiamo alle molte innovazioni legate a Thich Nhat Hanh, è importante tenere presente anche il peso della tradizione», osserva Jeff Wilson, studioso del buddhismo nordamericano presso l’Università di Waterloo, Ontario.

Fu in piena guerra del Vietnam che il progetto di adattare il pensiero buddhista al mondo moderno indusse Thich Nhat Hanh a fondare l’Ordine dell’Interessere. I primi membri furono sei operatori sociali, ai quali trasmise i quattordici precetti del buddhismo impegnato – oggi chiamati «Addestramenti alla consapevolezza” – come strumenti spirituali di ausilio nel loro lavoro di pace per la ricostruzione dei villaggi bombardati. Un’interpretazione moderna dei precetti del bodhisattva.

All’inizio degli anni ’80, esiliato dal Vietnam, Thich Nhat Hanh fonda nel sud della Francia, insieme a Cao Ngoc Phuong, uno dei sei membri dell’Ordine dell’Interesse, il centro di pratica di Plum Village. L’Ordine dell’Interesse acquista allora nuovi membri tra i rifugiati della diaspora vietnamita e gli studenti occidentali. Le prime ordinazioni monastiche risalgono al 1988 quando Phuong – oggi Sister Chan Khong – e qualche altro membro dell’ordine fanno voto di celibato aderendo a una regola monastica riformata in chiave moderna.

Eppsteiner, uno dei primi americani entrati a far parte dell’Ordine dell’Interesse, parla di quegli anni come di un periodo di progressiva definizione formale, che portò la componente monastica ad assumere un ruolo centrale nell’organizzazione. Lo statuto dell’Ordine dell’Interesse insisteva sull’uguaglianza tra membri laici e monastici e su un approccio non confessionale agli insegnamenti buddhisti. «Il rischio», legato alla transizione verso una tradizione formale incentrata sul monachesimo, secondo Eppsteiner, «è che si trasformi in ciò da cui Thay si era allontanato».

Orlaith O’Sullivan, membro dell’Ordine dell’Interesse dal 2012, osserva che i monaci e i laici svolgono ruoli complementari. Richiama una metafora suggerita da Sister Jina, una delle prime discepole monastiche europee di Thay: Plum Village è il palmo di una mano, e i laici sono come le dita protese a operare nel mondo.

Come volontaria, O’Sullivan ha animato delle comunità di pratica in Irlanda e ha coordinato le attività del movimento Wake Up Schools, una rete internazionale di insegnanti che adottano pratiche di consapevolezza in classe. A suo avviso, grazie al loro profondo impegno nella pratica, i monaci hanno molte risposte da offrire, «ma tutti noi, credo», aggiunge, «cerchiamo di essere un rifugio per gli altri».

Secondo le stime di Plum Village, a oggi sono circa 200.000 i praticanti che hanno ricevuto i Cinque addestramenti alla consapevolezza destinati ai laici, e sono più di 1000 i gruppi di pratica (sangha) locali e on line che permettono di coltivare la pratica. Per aiutare i laici a iniziare, Plum Village propone il «Sangha in the box», un pacchetto che contiene materiali e indicazioni per facilitare un gruppo, ma non è previsto un ulteriore supporto o una supervisione.

«Tra un’organizzazione frutto di un coinvolgimento attivo e una struttura centralizzata come quella del Vaticano corre un confine sottile», osserva Brother Chan Phap Dung, un insegnante di Dharma anziano.

Nelle zone e nei paesi in cui è presente l’Ordine dell’Interesse ha una sua autonomia organizzativa. Sono i laici a fare da mentori ai futuri membri dell’ordine e a designare i nuovi insegnanti di Dharma laici, mentre i monaci ratificano queste candidature. I membri sono oggi più di 3.000 in tutto il mondo.

Secondo il rapporto annuale della Thich Nhat Hanh Foundation del 2022, 533 monaci vivono in undici centri di pratica, situati in Francia, Germania, Stati Uniti, Australia, Thailandia e Hong Kong. Secondo Sister True Dedication, quella di creare un ordine monastico è stata una decisione lungimirante da parte di Thich Nhat Hanh: «L’impegno monastico ha una sua peculiarità, che riguarda i precetti monastici e il modo in cui il corpo, supportato dal codice di condotta monastico, si fa portatore del Dharma e delle pratiche, trova il futuro e se ne fa veicolo».

 

 

La continuazione monastica

 

Alta, esile, sorridente, prima della rasatura avvenuta il giorno della sua ordinazione, nel 2008, Sister True Dedication aveva i capelli biondi.

Quando ha lasciato la Gran Bretagna per trasferirsi a Plum Village in Francia, la vita della comunità era regolata secondo le direttive di Thich Nhat Hanh, benché questi non fosse ufficialmente l’abate del monastero. Sister True Dedication ricorda per esempio che poco dopo la sua ordinazione, il monastero fu dichiarato vegano per volere del maestro, apparentemente da un giorno all’altro. All’epoca la sua dieta consisteva in gran parte di yogurt e formaggio, dice ridendo.

Allora ottantenne, Thich Nhat Hanh era attivamente impegnato nella progettazione di nuove iniziative: il movimento Wake Up per i giovani, le Scuole Wake Up per gli insegnanti, gli Istituti di Buddhismo Applicato in Germania e a Hong Kong, un monastero in Thailandia e un sangha online.

Da giovane monaca quale era, Sister True Dedication ha aderito con entusiasmo. Ex giornalista della BBC, è diventata responsabile delle comunicazioni di Plum Village, occupandosi di tutto, dai siti web ai comunicati stampa, ai libri. Ha lavorato a stretto contatto con Thich Nhat Hanh e Sister Chan Khong per iniziative legate al cambiamento climatico, ai diritti umani e ad altre questioni sociali.

Ma lavorare al computer non era quello che si aspettava dalla vita monastica e Thich Nhat Hanh era esigente. Una volta aveva cercato di sottrarsi a una richiesta di assistenza da parte del suo insegnante, dicendogli che era impegnata a lavorare nell’orto.

«Lavorare nell’orto, aiutare Thay, è la stessa cosa», fu la risposta. «Credo che Thay volesse dire: “Bisogna avere il coraggio di trovare la pace nell’azione”».

Le organizzazioni religiose hanno bisogno di risorse notevoli, sia finanziarie che umane, osserva Jeff Wilson, e i monaci costituiscono la forza lavoro spirituale. Nella tradizione buddhista, la comunità laica sostiene finanziariamente la comunità monastica in cambio di meriti karmici. A Plum Village, i monaci lavorano senza alcun guadagno personale, certi di contribuire al bene del mondo. E questa è la motivazione che spinge i laici stessi a offrire il loro sostegno. In questo senso secondo Wilson Plum Village è «l’esempio di un modello post-merito».

È grazie a questo modello, basato sulla possibilità di avvicinarsi a Thich Nhat Hanh, sulla vendita dei libri e sul dana offerto per i ritiri, che il corpo monastico ha potuto trovare sostegno dopo l’ictus di Thich Nhat Hanh.

Ora che è anche lei un’insegnante di Dharma, True Dedication pensa che il suo ruolo sia quello di sostenere i monaci più giovani nel loro percorso di apprendimento, sia sul piano organizzativo che su quello spirituale: «Il percorso del sangha diventa il nostro percorso».

 

 

Leadership senza un sé

 

Ogni volta che Thich Nhat Hanh teneva un ritiro o interveniva in qualche luogo importante, viaggiava accompagnato da un gruppo di monaci con la loro veste marrone. Secondo Brother Phap Dung, che si è unito all’ordine monastico nel 1998, si trattava di una scelta deliberata per evitare che l’attenzione si concentrasse sull’individualità della sua persona.

Eppure, riflette, «il nostro maestro è stato un vero e proprio leader. La sua aura, la si percepisce ancora».

La dimensione personale del ruolo di Thich Nhat Hanh ha rivelato le sue criticità nel 2009, quando il maestro ha sviluppato una polmonite durante il suo tour negli Stati Uniti. Ricoverato al Massachusetts General Hospital, non ha potuto partecipare al ritiro organizzato a Estes Park, in Colorado, dal titolo quanto mai appropriato: «Un Buddha non è abbastanza». I discorsi di Dharma e le condivisioni scambiate in quel fine settimana sono stati raccolti in un libro che porta lo stesso titolo.

I partecipanti raccontano come, superata la delusione, hanno cominciato a vedere il maestro prima nei monaci, poi negli altri e infine in sé stessi. «Ecco l’interessere, proprio qui davanti ai nostri occhi. Thay e il Sangha erano una cosa sola. Noi e il Sangha eravamo un tutt’uno. Thay era qui, presente accanto a ognuno di noi, in ognuno di noi», scrive Soren Kisiel, che si è unito all’Ordine dell’Interessere proprio durante quel ritiro.

In teoria, l’idea del non-sé dovrebbe tenere le comunità buddhiste al riparo dai rischi legati al culto della personalità, osserva Wilson, «eppure nella storia del buddhismo gli esempi abbondano». La particolarità di Plum Village, aggiunge Wilson, è che ha sviluppato una struttura di potere orizzontale senza dover affrontare un grande scandalo, come invece è successo a molte organizzazioni buddhiste.

Secondo Brother Fratello Phap Dung, tra i monaci c’è una pratica condivisa di «check and balance», di controllo e bilanciamento reciproco. Pratiche come la rotazione dei mentori, la recitazione dei precetti ogni due settimane, la convivenza e il feedback reciproco fanno sì che l’«occhio del sangha» si accorga per tempo delle difficoltà, e permettono di prendere decisioni condivise.

«Le linee guida che ci siamo dati in questa fase ci incoraggiano a evitare di dire: “Thay farebbe così” o “Thay direbbe così”», osserva Phap Dung. «Il nostro insegnante aveva una sua opinione, ma ora spetta a noi trovare un accordo comune».

Comunque sia, la presenza di Thich Nhat Hanh era ancora palpabile durante il ritiro a cui ho partecipato qualche mese prima della pandemia. Molti dei partecipanti si erano iscritti al ritiro perché avevano letto uno dei suoi libri. Nella sala grande era prevista una riunione plenaria per la proiezione di uno dei suoi discorsi, tenuto anni prima. Un giorno, alla fine della meditazione camminata, il gruppo si è avvicinato a un albero che proietta la sua ombra su una statua del Buddha. Un monaco ha raccontato che quell’albero era stato piantato da Thay in persona, e allora i partecipanti si sono avvicinati con reverenza per toccarlo.

Nei loro discorsi di Dharma, i monaci riprendono le immagini utilizzate da Thich Nhat Hanh per spiegare concetti profondi. Come faceva lui, mostrano un foglio di carta per illustrare l’«originazione interdipendente»: come le due facce di un foglio, destra e sinistra, gioia e sofferenza non possono esistere l’una senza l’altra. Anche la loro grafia sulla lavagna ricorda quella del maestro.

Per mantenere la sua influenza, secondo Wilson, Plum Village «dovrà essere un vivaio di comunicatori di livello comparabile, capaci di toccare le corde giuste su tematiche specifiche, senza però eccedere nel complesso dell’ego».

 

Thay Phap Dung con un giovanissimo partecipante | Foto: ALC

 

I monaci più giovani parlano di Phap Dung come di un maestro Zen. Al ritiro, i partecipanti gli chiedono colloqui personali e pendono dalle sue labbra, per quanto il suo modo di esprimersi non sia poetico come quello di Thay. I suoi discorsi sono leggeri e informali, sempre conditi di risate.

Fuggito dal Vietnam insieme alla famiglia, durante i suoi studi Phap Dung ha vissuto nella San Fernando Valley, nei pressi di Los Angeles. Ricorda la rabbia che provava da giovane nei confronti del padre e il dolore per la sua scomparsa. Una settimana dopo la morte di Thich Nhat Hanh, ha ceduto alle lacrime durante un discorso in diretta su YouTube, di fronte a decine di migliaia di persone.

A suo dire, non è una questione personale. I praticanti cercano una guida in tutti gli insegnanti di Dharma più anziani. «Sento meno la pressione di dover essere come Thay o colmare un vuoto incolmabile. Si tratta di fare semplicemente ciò che corrisponde alle proprie capacità e ai propri interessi, man mano che si cresce».

 

 

Un processo di cambiamento

 

Nel 2021, durante una sessione di domande e risposte nel corso di un ritiro online, un praticante laico ha chiesto ai monaci come si collocano le identità non binarie in una tradizione monastica fortemente incentrata sul genere. La risposta di Phap Dung è stata che nel corso della sua storia il buddhismo si è adattato di continuo a nuovi contesti. In occasione di un pranzo formale tenutosi nel centro di Plum Village in California, ad esempio, è stato fatto l’esperimento di disporre i cuscini ad arco e non, come avviene di solito, su due file separate, una per gli uomini e una per le donne, riconoscendo così lo spettro delle identità di genere in tutta la sua ampiezza.

Non è detto che altri monasteri  in altri contesti culturali siano pronti a fare lo stesso, ha riconosciuto Phap Dung, ma i monaci sono sempre più consapevoli che la tradizione stessa può essere fonte di sofferenza. Fino a poco tempo fa, ad esempio, l’Addestramento alla consapevolezza sul «Vero Amore» prevedeva che le proprie relazioni fossero rese note alla famiglia, cosa impossibile per chi è stato emarginato dalla propria famiglia per ragioni legate alla sessualità.

Pochi mesi dopo la morte di Thich Nhat Hanh, Plum Village ha annunciato una revisione di questo Addestramento. Il nuovo testo recita: «Per poter mantenere integra la mia relazione ho la ferma intenzione di trovare sostegno spirituale in persone di famiglia, amici o membri del sangha con i quali ho un rapporto di fiducia e di sostegno reciproco». È anche previsto un esplicito impegno a «non discriminare alcuna forma di identità di genere o di orientamento sessuale».

Thich Nhat Hanh ha raccomandato ai suoi monaci di fare in modo che la tradizione rimanga malleabile, il che significa considerare rivedibile qualsiasi cosa, dagli Addestramenti alla consapevolezza ai rituali. Per dare strumenti adeguati alla comunità, spiega Phap Dung, Thich Nhat Hanh ha insegnato ai monaci come prendere decisioni in autonomia.

Il metodo del consenso insegnato da Thich Nhat Hanh si basa per un verso su pratiche coltivate a Plum Village come l’ascolto profondo e il non attaccamento alle opinioni, e per altro verso sulla tradizione buddhista e sulle scritture, in cui si trovano riferimenti alla votazione a maggioranza in seno alle comunità monastiche. L’ultima istanza decisionale spetta al consiglio dei monaci e delle monache pienamente ordinati.

Quando viene presentata una proposta a questo consiglio, a chi è d’accordo si chiede di rimanere in silenzio, mentre gli altri hanno la possibilità di esprimere il loro dissenso. La proposta viene accettata quando tutti rimangono in silenzio.

Il processo, spiega Phap Dung, è «un’opportunità di pratica, un’occasione per osservare la propria mente. Bisogna avere un’opinione, e bisogna essere in grado di esprimerla, ma bisogna anche essere pronti a lasciarla andare facendosi influenzare dagli altri».

Quando, in piena pandemia, è nata l’idea di una revisione degli Addestramenti alla consapevolezza, Phap Dung ha facilitato un processo asincrono di costruzione del consenso tra i membri del consiglio internazionale degli insegnanti di Dharma. «C’è stato uno scambio di più di cento e-mail», racconta sorridendo.

Osservare le idee che prendevano forma sul filo dei messaggi, dice, mentre altre perdevano consistenza, è stato divertente: «come osservare un processo organico». A mano a mano che le modifiche si accumulavano, Phap Dung fissava una data entro la quale si potevano suggerire ulteriori cambiamenti. L’approvazione era sancita dal silenzio nel thread dei messaggi.

L’ultima revisione degli Addestramenti alla consapevolezza da parte Thich Nhat Hanh risaliva a vent’anni fa, e si era basata sulla consultazione di una cerchia ristretta di seguaci. Una delle aggiunte riguardava la pratica di «non contribuire al riscaldamento globale» (ora «cambiamento climatico»). Questa modifica ha avuto un impatto prolungato, influendo per esempio sulla svolta vegana dei centri di pratica e sull’impegno dei monaci a sostegno degli accordi internazionali per il clima.

Allo stesso modo, alcuni centri si sono già adattati per fare in modo che i praticanti LGBTQ+ possano sentirsi il più possibile benvenuti. Ad esempio, alcuni centri hanno creato toilette senza distinzione di genere e aree di campeggio «arcobaleno» per chi non si sente a suo agio – o benvenuto – tra i monaci o le monache.

Ma Plum Village non è la comunità buddhista più progressista in materia di identità di genere. «Nel monastero c’è ancora una cultura molto binaria», sostiene Phap Dung. Per il momento, spetta ai praticanti trovare la loro collocazione nell’ambito di questa cultura.

«Bisogna essere abili in un processo organico di evoluzione comune», osserva, aggiungendo che nella pratica del consenso il punto non è raggiungere un accordo, ma mantenere il proprio impegno nella pratica e nei confronti della comunità mentre un accordo prende forma. «Per noi è un grande passo, perché è iniziato un processo di cambiamento», continua. «È la prima volta che facciamo una cosa tanto importante senza il nostro maestro».

 

 

Semi di futuro 

 

Prima del funerale e della cremazione di Thich Nhat Hanh, in Vietnam, i monaci si sono riuniti nella piccola sala del Tempio di Tu Hieu per ascoltare delle testimonianze in onore del maestro. Il corpo di Thich Nhat Hanh giaceva in una bara posta dietro un altare. I tappetini erano disposti in cerchi concentrici, e nel cerchio più piccolo uno era stato lasciato vuoto per lui, con un vaso di fiori e del tè.

Nel corso della cerimonia, un monaco ha letto un testo adattato per l’occasione da altri scritti di Thich Nhat Hanh. I monaci e i praticanti laici formano un «sangha molteplice e completo», recita il testo, che ricorre a un’espressione inclusiva per indicare il quadruplice sangha, indica specificamente l’insieme di monaci, monache e uomini e donne laici. È possibile che questa scelta preannunciasse l’imminente revisione degli Addestramenti alla consapevolezza. «Il sangha monastico e il sangha laico si affidano l’uno all’altro, si sostengono a vicenda, praticano a servizio di tutti gli esseri viventi e per la loro trasformazione», continuava il testo, invitando i praticanti a prendere rifugio nel sangha.

Praticare in uno spirito di servizio per dare continuazione all’insegnamento di Thich Nhat Hanh significa custodire la sua memoria, il suo insegnamento e la sua amata comunità. Significa anche spingersi oltre i confini della sua tradizione.

Secondo Max Weber, dopo la morte di un leader carismatico i gruppi religiosi vanno inevitabilmente incontro a un processo di «routinizzazione». Il sociologo Rhys Williams osserva che è difficile trovare un esempio di organizzazione religiosa che non segua questo percorso. Secondo il modello di Weber, spiega Williams, l’autorità «diventa stabile, ripetitiva, consolidata, istituzionalizzata in processi tradizionali o normativi, fino a quando non si ripresenta un antagonista carismatico».

Tutto è impermanente, dicono i monaci, che però si mostrano anche fiduciosi rispetto alla prospettiva di andare incontro al futuro senza il loro maestro. Nel periodo di transizione tra l’ictus di Thich Nhat Hanh e la sua scomparsa, i ritiri hanno continuato ad attrarre migliaia di partecipanti anno dopo anno. Pochi giorni dopo la morte del maestro, le comunità monastiche di Francia e Stati Uniti hanno guadagnato sette nuovi membri, che hanno preso l’impegno di trasformare la propria sofferenza e di portare felicità a tutti gli esseri.

Plum Village è come una foresta, è un rifugio e un luogo di ristoro aperto a tutti, dice Sister True Dedication. Una foresta in cui Thay era un grande albero. Anche se è caduto, il suo albero continua a nutrire il terreno per far crescere nuovi alberi.

«Thay ci ha lasciato tutti i suoi insegnamenti, tutte le sue ricerche, tutte le sue indicazioni, tutte le sue idee su come organizzarci e prendere decisioni, e anche tutti i suoi sogni sull’opera che ci invitava a realizzare nella natura», aggiunge. «È una terra molto ricca».

 

 

 

 

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  • Megan Sweas, giornalista freelance, è redattrice e responsabile della comunicazione del Center for Religion and Civic Culture della University of Southern California.

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