L’approccio dell’agenda ecologia dell’Unione Buddhista Italiana è incentrato sull’ecologia profonda: non siamo separati dalla natura ma siamo natura in un’ottica di interdipendenza. Ed è esattamente nel momento in cui comprendiamo che non siamo separati dalla natura che non possiamo più trattarla come un oggetto di proprietà, con tutto quello che ne consegue. Nella natura non vediamo più una riserva di risorse da consumare o da sfruttare, ma una fonte di vita. È un cambio di paradigma.
È per questo che abbiamo scelto nel concreto di lavorare, di sporcarci le mani nella terra per sostenere l’agricoltura rigenerativa e i movimenti dei piccoli agricoltori, per una agricoltura che sia fatta di contadini, e non per un’agricoltura senza agricoltori come vorrebbe qualcuno.
Abbiamo scelto, sempre in un’ottica di interdipendenza, di sostenere chi si dedica alla cura di tutti gli esseri senzienti. Abbiamo lavorato e continuiamo a lavorare con molte organizzazioni come Sea Shepherd e il Jane Goodle Institute.
Abbiamo anche un progetto di rivoluzione culturale, di cambio di paradigma per quanto riguarda il riconoscimento dei diritti della natura. Questo riconoscimento parte precisamente dal presupposto che tra noi e la natura non c’è separazione, pertanto anche un fiume, un albero, una montagna, gli oceani sono riconosciuti come degni di diritti.
Infine abbiamo un programma di Ecodharma ed Ecosattva. Dinanzi alla crisi ecologica – che forse dovremmo iniziare a chiamare la crisi dei combustibili fossili – soprattutto le nuove generazioni provano un senso di ansia e vivono emozioni molto contrastanti. Allora offriremo un training per la gestione delle emozioni legate a quello che ci accade, per avere degli strumenti in più che ci permettano di gestire l’ansia che possiamo provare rispetto ai cambiamenti climatici.