A differenza di alcune religioni che proibiscono la rappresentazione delle proprie figure sacre, il Buddhismo tibetano non è così restrittivo, e tuttavia richiede che, qualora si debba raffigurare il Buddha, ciò venga sempre fatto con criterio. Ecco che esistono dunque ausili come il Libro tibetano delle proporzioni, che include «36 disegni ad inchiostro che illustrano precisi canoni iconometrici per la rappresentazione delle figure di Buddha e Bodhisattva». Così si legge sulla Public Domain Review, dove possiamo incontrare molte di queste pagine. Impresso nel diciottesimo secolo, «è possibile che il libro sia stato creato in Nepal per il suo utilizzo in Tibet». Oggi lo troviamo al Getty Center di Los Angeles, che ha reso accessibile gratuitamente il libro tra le sue collezioni digitali.
Per poter apprezzare appieno il testo è certamente necessario conoscere i caratteri del Newari e i numerali tibetani, ma anche senza questo bagaglio tutti potranno riconoscere l’eleganza non solo delle proporzioni suggerite nel libro, che seguono tutte lo stesso schema ben definito di reticolati annotati, ma anche del manoscritto stesso.
Quando è apparso il volume, il tipo di impressione usato per i testi legati al Buddhismo tibetano aveva ormai da tempo dimostrato di essere una spanna sopra gli altri: prendiamo ad esempio la raccolta di preghiere del quindicesimo secolo che fu stampata quarant’anni prima della Bibbia di Gutenberg. Soltanto una simile sensibilità tipografica in grado di padroneggiare questo livello di dettagli avrebbe potuto dare vita a un manuale come il Libro tibetano delle proporzioni, il cui rigore visivo è la sua stessa ragion d’essere.
“Il concetto dell’‘immagine ideale’ del Buddha è emersa durante l’età dell’oro dell’impero Gupta, dal quarto al sesto secolo”, afferma la Public Domain Review. Sotto il governo di quella dinastia indiana l’importanza di queste raffigurazioni si estese ben oltre le proporzioni, includendo dettagli quali “numero di denti, colore degli occhi, attaccatura dei capelli.” Nella rappresentazione di colui che ha raggiunto il nirvana (o di un bodhisattva, il termine impiegato per coloro che stanno imprendendo il cammino verso il nirvana), dunque, nulla può essere lasciato al caso. Tuttavia, le opere artistiche rappresentanti il Buddha (di cui il Victoria and Albert Museum offre un piccolo assaggio sul suo sito web) hanno assunto forme diverse in epoche e luoghi diversi. Per quanto definito possa essere il canone ideale, il mondo terreno trova sempre il modo per introdurre una certa variegatura.